Le pagine ormai ingiallite e corrose dal tempo raccontano l'ansia e la speranza
con cui tutti attendevano l'inizio del nuovo secolo, il Novecento. Ovunque si notava un'inquietudine, un bisogno di novità, di liberazione. Perfino un'istituzione, sempre prudente, come la Chiesa, in quest’ottica di cambiamenti inarrestabili, pensò di affidare il nuovo secolo alla misericordia di Colui che regge i destini dei popoli. Nacque l'idea di collocare 20 grandi croci sui punti più alti di ogni regione, a ricordo dei 20 secoli della Redenzione.
Anche a Montenars si ipotizzò la costruzione di una croce in legno, di colossali dimensioni, sulla vetta del Monte Zucco che guarda Capovilla, alle sorgenti dell'Orvenco. Ma il Cappellano, Don Francesco Badini, non fu molto d'accordo di erigere una croce in questo punto e cercò di convincere la popolazione, caldeggiando l'erezione di una gran croce di ferro sulla vetta più alta del Monte Cuarnan. Questo progetto fu sostenuto da molti parrocchiani. Una buona maggioranza comunque l'osteggiava, sostenendo che l'opera sarebbe stata troppo costosa per la sola Parrocchia di Montenars. Si cercò di coinvolgere anche i vicini "gemonesi" a sostenere parzialmente le gravose spese ma senza ottenere alcun sensibile risultato. Nonostante le grosse difficoltà, però, i parrocchiani di Montenars decisero di non rinunciare all’ambizioso progetto. Dopo lunghe discussioni, si giunse ad un compromesso, secondo cui, il monumento doveva essere costruito in proporzione alle offerte effettuate spontaneamente dalle famiglie, senza alcuna costrizione. Furono messe in campo parecchie iniziative per poter raccogliere la maggior quantità di fondi possibili.
Intanto il Veneto, che comprendeva anche il Friuli Venezia Giulia, stabilì di erigere il suo monumento sul Monte Mataiur, lungo il confine con la Slovenia. La Parrocchia di Montenars, prima di mettere in atto i propri propositi, concorse a quell'iniziativa con un'offerta di più di un centinaio di lire. La comunità di Montenars attese l'inaugurazione di quel monumento che avvenne l' 1 settembre del 1901. Poi volle fare molto di più: anziché una sola croce in ferro, la comunità decise infatti di costruire qualcosa di inedito, di grandioso, di impensabile e cioè una chiesetta monumento, sormontata da una croce. Fu forse un atto di fede, di temerarietà, di campanilismo, di orgoglio, di sfida o forse un po' di tutto questo. Anima dell'originale ed interessante iniziativa fu, naturalmente, il Cappellano Badini, mentre le protagoniste principali furono senz'altro le donne che per mesi si alzarono alle due di notte, ogni domenica, per partecipare alla Santa Messa e poi arrampicarsi con il loro carico di materiali da costruzione fino in cima al monte. Al fine di poter rispettare il precetto della messa festiva, venne addirittura rilasciata un'autorizzazione particolare dall'Arcivescovo che consentiva al Cappellano di celebrare la Santa Messa alle due del mattino, per poter poi avere l'intera giornata disponibile ad assolvere i faticosi impegni.
Il 12 settembre 1901 venne posata e benedetta la prima pietra da Monsignor Francesco Isola, nativo di Montenars, divenuto Vescovo di Concordia-Pordenone che, in quell’occasione, fece una delle prime prediche in friulano. A questa importante cerimonia parteciparono oltre 1.500 persone provenienti da Gemona, Montenars, Artegna, Flaipano e Pers e altri luoghi della forania di Gemona. Ma la buona volontà dei montenaresi trovò subito gravi difficoltà da superare. Lunedì 16 settembre, a Don Badini, giunse l'ordine contemporaneo di sospendere i lavori dall'autorità militare, dall'ispettorato forestale e dal Municipio di Gemona. L'autorità militare s'opponeva al progetto, perché il punto dove doveva sorgere il monumento era occupato da una colonna trigonometrica militare; l'ispettorato forestale faceva notare che la zona era protetta e quindi non si potevano eseguire lavori di sterro e nemmeno individuare la cava di sassi; infine il Municipio di Gemona rivendicava la proprietà del terreno che era stato concesso in enfiteusi ad un suo cittadino.
Superati, dopo molte difficoltà, questi problemi burocratici se ne presentò un altro ancora più gravoso. Il materiale ricavato dalla prima cava individuata era piuttosto scadente, infatti i sassi lavorati dagli scalpellini andavano in frantumi e, dopo una giornata di lavoro di 4 operai, forse rimanevano soltanto quattro o cinque blocchi disponibili. Si rese quindi necessario ricercare una nuova cava e dopo diverse verifiche, ne fu individuata una sul declivio verso il gemonese, a circa 700 metri dal monumento in costruzione. Nei primi giorni i blocchi lavorati furono trasportati, a spalla, dalle donne che diedero il massimo contributo anche per questo pesante lavoro. In un secondo tempo, il trasporto venne effettuato da quattro buoi di Sante Cargnelutti di Gemona. La sabbia venne prelevata, in un primo tempo, in località Pallis che si trova nella parte anteriore del monte e successivamente nei pressi del crocefisso di Sella Foredor e venne trasportata, sempre a spalle, da ragazze e donne, principalmente di Montenars, anche se non mancò la collaborazione di Pers e di Flaipano.
La croce issata sul monumento venne costruita presso una fonderia di Udine con una spesa di L. 500. Il suo peso era di 10 quintali, comprese le arpe utilizzate per il suo sostegno, era alta 5 metri e fu trasportata sulla sommità del monte, a spalla, da decine di volontari. La chiesetta venne costruita a tronco di piramide quadrangolare con 5 metri di lato ed era alta 12 metri. I lavori durarono poco più di un anno, e furono portati a termine con oltre 7.000 giornate lavorative. L'inaugurazione della chiesetta-monumento, che venne presieduta nuovamente dal Vescovo Francesco Isola, si svolse il 22 settembre 1902 alla presenza di oltre 8.000 persone convenute da tutto il Friuli.
Nei suoi 100 anni di vita il monumento al Redentore del Monte Cuarnan subì un'infinità di danneggiamenti, ma sempre venne tenacemente riparato, talvolta grazie all'intervento della pubblica amministrazione, ma nella gran parte dei casi unicamente per volontà e con le risorse della popolazione di Montenars in primis e, in seconda battuta, anche dei paesi confinanti. Durante la prima guerra mondiale il monumento fu distrutto e rimase per lungo tempo sede dei militari in conflitto. Terminata la guerra, i Montenaresi lo risistemarono come segno di ringraziamento per la fine del conflitto stesso. Nel 1926 fu nuovamente deteriorato dalle intemperie e anche per opera di vandali ignoti e nuovamente gli abitanti di Montenars lo ripristinarono entro brevissimo tempo. Nel 1928 un furioso temporale si abbattè sulla chiesetta e ne demolì la parte inferiore della facciata Nord-Est.
Nel frattempo il Comune di Montenars venne incorporato da quello di Artegna: in unione d'animi, questa volta il restauro fu eseguito dal Comune di Artegna, dai militari in servizio a Gemona, dall'Associazione Nazionale Alpini e dalla "Concordia e Progresso" di Artegna; il tutto sostenuto e coordinato dalla Parrocchia di S.Elena di Montenars. Nel 1963 un fulmine arrecò nuovamente gravissimi danni. Fusa la treccia metallica di scarico della calamità, sgretolò e ruppe l'angolo nord est della soletta in cemento che copriva la cappella, e face crollare gran parte della facciata nord. Era indispensabile riparare al più presto gli ingenti danni subiti dall'edificio per poterlo salvaguardare da una rovina disastrosa.
Purtroppo, la mancanza di muratori e di personale disposti a trasportare fin lassù tutto il materiale occorrente, rendeva il problema abbastanza complicato. Fortunatamente, il Comando della Compagnia Alpini, che era di stanza al Ledra, mise a disposizione i propri muli e i conducenti per il trasporto dell'armatura e dei materiali a pie d'opera, cosicché gli operai poterono effettuare le riparazioni più urgenti e rendere nuovamente agibile la cappella. In quell'occasione fu installato, da parte di due specialisti di Tricesimo, un nuovo parafulmine allacciato a una grossa treccia di rame, e furono adottate tutte le precauzioni possibili perché in avvenire fosse evitato un altro disastro del genere. I lavori di consolidamento terminarono nel 1965, con una spesa complessiva che superò il milione e mezzo di lire; per il solo impianto del parafulmine, vennero spesi L. 600.000. L'inaugurazione dell'opera avvenne il 12 settembre del 1965, solennizzata dall'immancabile cartolina. Il discorso ufficiale venne affidato a Prè Checco Placereani che, anticipatore dei tempi, celebrò l'eucarestia in lingua friulana.
Il 6 maggio 1976, anche la chiesetta del Cuarnan fu distrutta dal terremoto che seminò di morte e di rovine il cuore del Friuli. Dopo le case e gran parte degli edifici pubblici, si pensò di ricostruire nuovamente anche il monumento, perché quel simbolo, che aveva aperto il secolo ed accompagnato i giorni lieti e tristi della gente, segnasse l'inizio del nuovo secolo e millennio come segno di speranza nella forza misteriosa dell'amore e del dolore. Anche questa volta, ci si affidò in gran parte al volontariato: così, nel 1982, il Parroco Don Bruno Buzzulini, Lindo Isola e Gianalberto Seravalli, si attivarono per costituire legalmente "il comitato della ricostruzione della Chiesetta-Monumento al Redentore". Com'era prevedibile, a questo comitato aderirono moltissime persone, soprattutto di Montenars, di Artegna ma anche di Gemona del Friuli.
L'impegno di tutti fu pari alle difficoltà da superare: prima di tutto, si doveva procedere alla sistemazione delle macerie del vecchio monumento e a recuperare parte delle pietre da riutilizzare nel nuovo. Poi, c'erano da svolgere gli studi geologici dell'area e la progettazione dell'opera. Una prima perizia geologica per un attimo pareva destinata a vanificare l'intera impresa, scatenando un'inevitabile sollevazione popolare. Ma una ricognizione più attenta, eseguita dal geologo Iginio Visintini, già Sindaco di Corno di Rosazzo, consentì di spazzare via ogni remora. La posa e la benedizione della prima pietra della costruzione venne fatta il 12 agosto del 1984 dall'arciprete di Gemona, oggi Arcivescovo Emerito di Udine, Monsignor Pietro Brollo.
Dopo l'espletamento delle varie pratiche burocratiche, si passò alla realizzazione dell'opera, con l'impiego di oltre 500 volontari, unitamente ai mezzi tecnici e di trasporto messi a disposizione da enti privati e pubblici, dal Comando Alpini di Gemona del Friuli e dal Comando Ale-Rigel di Casarsa della Delizia. Utilizzando mezzi di trasporto militari vennero messi a disposizione dei volontari, betoniere, generatori di corrente, box in lamiera e i materiali da costruzione più pesanti, cemento compreso. Pietre e sabbia, invece, furono inviati sulla vetta del Cuarnan mediante una teleferica messa a disposizione dagli alpini della "Julia" della Caserma Goi di Gemona. I volontari, dal conto loro, provvidero a disboscare il percorso dei cavi e a collocare i basamenti, poi iniziò il trasporto, con piccoli carichi da 20/30 chilogrammi l'uno. Quanto all'acqua, si realizzò un efficace sistema di raccolta delle piogge. Complessivamente, sommando il peso delle attrezzature e di tutti i materiali utilizzati, si raggiunse la considerevole cifra di 2 mila 550 quintali trasportati dalla pianura alla vetta.
La pesante croce di ferro che oggi svetta sulla torre della "Gleseute" fu realizzata nell'officina di Giovanni Pittini a Gemona. Due camionette militari la trasportarono, in due pezzi, fino alla località "tai laips". Da lì iniziò la salita a piedi sotto la pioggia, con 35 portatori divisi in due squadre, in gara fra loro per chi sarebbe arrivato prima in vetta, nonostante i 180 chili del braccio orizzontale e i 240 di quello verticale. L'opera fu completata, installando lo stesso rosone del 1902, con l'inserzione latina "Iesus Christus Deus Homo- Vivit Regnat Imperat- MCMII " e collocando il manufatto nell'antica staffa di ghisa, recuperata fra le macerie. Oreste Frontini di Ancona, già all'opera per l'impianto del 1964, predispose abilmente i parafulmini che, da allora, hanno assicurato la dovuta protezione al monumento. Dopo meno di tre anni, si riuscì a portare a compimento l'opera. L'inaugurazione della chiesetta ricostruita avvenne il 22 settembre 1985, e vide la partecipazione dell'Arcivescovo, Monsignor Alfredo Battisti, di numerose Autorità civili e militari e di oltre 3.000 fedeli provenienti da numerose località vicine e lontane.
Il monumento al Redentore del Terzo millennio, oltre ai valori spirituali, simbolici e affettivi che da sempre custodisce, si caratterizza per il pregio artistico e architettonico, frutto dell'ingegno dell'architetto Alberto Antonelli e dell'ispirazione dello scultore Giovanni Patat di Artegna. L'orientamento adottato, sulla scia dell'avveduta scelta dei primi costruttori, consente ad esempio l'insolazione di tutte e quattro le facciate nell'arco della giornata. La piramide tronca del corpo principale è stata costruita in calcestruzzo armato. Le fondazioni continue sono anch'esse armate come pure il pronao. La copertura è stata realizzata dai giovani di Montenars, insieme ad altri volontari, con lastre di ardesia del tipo squame, con ogni singola lastra fissata al calcestruzzo mediante viti di ottone.
La torre misura, alla base, 5,70 metri per 5,70; l'altezza raggiunge gli 11 metri e mezzo fino alla base della croce. La croce, costruita in profilato di corten, è alta ben 5 metri. I rivestimenti in pietrame faccia a vista raggiungono una superficie di ben 90 metri quadrati. Il bassorilievo, che sovrasta il pronao e l'ingresso della chiesetta, è stato realizzato in pietra di Aurisina e misura 1 metro e 20 per 3 metri e mezzo. All'ingresso è stato ripristinato il vecchio cancello sempre recuperato dalle macerie. Il 14 settembre 2013 è stato inaugurato un impianto elettrico che illumina il monumento che è alimentato da pannelli solari. Ora anche di notte si può quindi notare la cima illuminata del Monte Cuarnan da molto lontano.
Se è vero che non passa giorno senza che qualcuno salga sul Monte Cuarnan per una visita al "Redentore" e se è pure vero che non sono poche le comitive che vi giungono da paesi e regioni diverse, vuoi dire proprio che lo stesso spirito che ha animato la ricostruzione ha messo radici profonde e continua a dare i suoi frutti.
E' tradizione festeggiare il Redentore la terza domenica di settembre con la celebrazione della Santa Messa a cura del Parroco di Montenars. Soltanto in caso di maltempo, la S.Messa viene solitamente celebrata nella chiesa di Montenars. Per l'occasione, un elicottero-navetta (che parte dal campo sportivo di Montenars) trasporta in cima al monte le persone che non sono in grado di salire a piedi.
COS'È' IL CUARNAN
Il Monte Cuarnan che appartiene alla catena delle Prealpi Giulie, con il suoi 1372 metri, è una larga piramide, in gran parte erbosa dalla cui sommità lo sguardo può spaziare sull'intero Friuli: verso sud, sulla pianura friulana, solcata dalle striature bianche del Torre, del Tagliamento e del Meduna, sullo sfondo, in lontananza, il mare, mentre a nord lo sguardo domina un panorama che va dalle lontane Dolomiti alle vicine Giulie, passando per le Carniche.
La salita alla chiesetta (partendo da Montenars) è piuttosto erta, e pertanto, non è molto consigliabile nei mesi caldi e potrebbe risultare un po' pericolosa in quelli freddi, ma il panorama che offre merita senz'altro una visita. Le stagioni ideali sono la primavera o l'autunno, anche per poter osservare da vicino i meravigliosi colori della natura. Si può accedere alla cima del Cuarnan anche da nord. Raggiunta in auto Sella Foredor, dove troviamo anche un agriturismo, con due sentieri (uno più agevole sul versante sud-ovest ed uno più irto dal versante nord), in un'oretta si può raggiungere la vetta. Quello del versante sud-ovest è quasi completamente esposto al sole, mentre l'altro sale prevalentemente immerso in una faggeta. Coniato un detto "Chel che al va in Cuarnan il prin da l'an al va in mont dut l'an".